La prima volta che ho sentito Vesna parlare durante un incontro tra diverse associazioni serbe di utenti dei servizi psichiatrici, la sua gentilezza e la lucida oratoria mi hanno fatto pensare che questa donna sarebbe stata in grado di scavalcare qualsiasi muro, persino quello dell’indifferenza. Presidentessa dell’Associazione Duša (Anima) e portavoce della Rete NaUM – un network nazionale di associazioni di utenti dei servizi psichiatrici, Vesna Avramović di Belgrado ci racconta la sua esperienza.”Mi chiamo Vesna Avramović. Sono sotto cura da quando avevo 27 anni. Ora ne ho 43. La diagnosi dei medici è chiara: soffro di ansia e depressione. In seguito ad alcuni test psicologici a cui sono stata sottoposta hanno aggiunto che sono anche sociofobica con frequenti attacchi di panico. Ricordo di aver provato sollievo a diagnosi fatta, finalmente i miei problemi psicologici avevano un nome. Ricordo di aver pensato che sarebbe stato più semplice lottare per stare meglio e anche più facile spiegare agli altri il mio disagio di modo che non mi si evitasse più, ma mi ingannavo… In tutti gli anni di cure il mio Io si è man mano perso, soffocato dalla diagnosi della fobia sociale. Agli psichiatri e alle persone con cui entravo in contatto, a parte alcune eccezioni, non veniva spontaneo chiedermi il nome, la provenienza, il nome dei miei genitori, quali fossero le mie preoccupazioni e quali i desideri, come vivessi; al contrario, mi veniva chiesto quale fosse la mia diagnosi, quali farmaci assumevo, in che misura funzionavano, come vivevo questi attacchi di panico, se desiderassi suicidarmi, se fossi un pericolo per gli altri. Quello che maggiormente mi ha ferita in tutti questi anni di cure psichiatriche è l’indifferenza, l’esclusione o peggio il maltrattamento fisico e psicologico ai danni di una persona impaurita, fragile, malata, da parte di coloro che si sentono più sani e più forti e che invece di aiutare calpestano una persona già affranta.
Qui da noi in Serbia non esiste un sistema di sostegno per gli utenti pischiatrici. E’ un grosso problema, in particolare per quelle persone che dopo un periodo di degenza negli ospedali psichiatrici fanno ritorno a casa dove non hanno alcun sostegno psicologico. Le attività che esistono sono a pagamento, ma la gente non ha soldi. La comunità esclude e gli utenti, sensibilissimi di natura, si chiudono in se stessi, si lasciano andare alla depressione, al senso di colpa fino al conseguente ritorno al luogo di provenienza dell’utente-essere umano: l’ospedale! Per questo credo che se ci fossero state associazioni di utenti dei servizi psichiatrici quando ero giovane, sicuramente non avrei passato tanto tempo negli ospedali e nella disperazione, non avrei per anni guardato alla vita soltanto come fonte di sofferenza e di dolore.”
Vesna è presidentessa dell’Associazione Duša, che in serbo significa Anima; un’anima grande, accudita da utenti dei servizi psichiatrici e diversi volontari, che la costituiscono.
“La nostra associazione esiste da cinque anni ed è l’orgoglio di tutte e tutti noi. Non è cosa facile aver resistito per così a lungo e con successo: oggi contiamo 60 membri. Ai nostri membri non chiediamo quale sia la diagnosi della loro malattia; al contrario li accogliamo a braccia aperte e le persone si sentono accettate, riconoscono il rispetto, il calore umano. Usiamo dire che la nostra associazione è il nostro rifugio. Certo non è abbastanza, le persone devono essere attive, cercare di individuare i contenuti per la propria vita, sviluppare le proprie potenzialità dando libero sfogo alla creatività.
Per questo siamo impegnati a realizzare alcune attività, rese possibili grazie al sostegno dei nostri volontari (in particolare studenti ed ex studenti della Facoltà di Psicologia di Belgrado) e delle organizzazioni internazionali come Caritas Serbia, Caritas Italiana e l’Associazione Trentino con i Balcani: gruppi di auto mutuo aiuto, corso di teatro, laboratori di psicodramma, corsi di informatica e di inglese e ogni martedì abbiamo un piccolo cineforum organizzato dai nostri membri. Di recente abbiamo tenuto degli incontri nelle scuole superiori e abbiamo parlato dell’importanza della Salute mentale anche attraverso la narrazione delle storie personali. Abbiamo fatto l’esperienza della Biblioteca vivente e l’interessamento dei nostri concittadini è stato notevole.
Le cose stanno lentamente cambiando nonostante la società civile serba sia ancora chiusa e restìa ai cambiamenti. Ma il passo più importante è stato compiuto quest anno ( 2013 nda ) con la creazione della Rete NaUM – una rete di associazioni di utenti dei servizi psichiatrici provenienti da tutta la Serbia. La rete NaUM è stata ufficialmente presentata durante il Forum sui diritti delle persone con disagio mentale intitolato Anche noi c’entriamo perché ci riguarda, primo nel suo genere, tenutosi a Belgrado in occasione della Giornata mondiale sulla Salute Mentale. Si tratta di un risultato ottenuto dopo notevoli incontri e sforzi compiuti con il sostegno e l’entusiasmo dei nostri amici e partner italiani, ATB, Caritas Italiana e Caritas Serbia.
La Rete ci permetterà di unire le nostre forze e di lavorare congiuntamente sulla prevenzione dei disturbi mentali, per superare lo stigma e migliorare la qualità della vita delle persone con disagio mentale, con conseguente reinserimento nella comunità e perchè tutti, nessuno escluso, possano godere pienamente dei diritti umani e del cittadino, in conformità con gli standard internazionali.”

All’ultima domanda su come sia cambiato il rapporto con la propria città Vesna risponde: “Durante gli anni della mia malattia, la città ed i miei concittadini si sono allontanati da me come io da loro. Non ricordo chi abbia iniziato per primo, ma non è più importante. Con il tempo e grazie alla mia maggiore apertura al mondo circostante, all’aver imparato a riconoscere ed affrontare le mie paure reali e irrazionali, all’impegno nelle molte attività dell’associazione Duša ho imparato a non allontanarmi dalle persone, a non scappare; ho conosciuto tante belle persone durante questi ultimi 3 anni di impegno. La mia città e le persone che la abitano mi sono diventate vicine più che mai, non mi sento più un’estranea e, credetemi, è una sensazione bellissima“ e conclude sorridendo “Belgrado è una città bellissima, ma ammetto, sono di parte”.
Intervista fatta da: Maja Husejić
 
|