#29 DONA JOANA, DONNA CORAGGIO

Dona Joana 1bisDona Joana ti guarda con occhi scuri e un sorriso dolce, incorniciati in un viso bellissimo. Ha poco più di trent’anni ma sembra ancora una ragazzina: fisico alto e slanciato nonostante le gravidanze e gli aborti, sguardo limpido e sereno, nonostante la vita le abbia già tolto tanto.

Dona Joana si è sposata a 15 anni, senza mai essere andata a scuola. Mentre aspettava il suo quinto figlio, suo marito era morto e lei era dovuta tornare da suo padre, a Caia. Durante la gravidanza si era ammalata gravemente e aveva perso il bambino. Allora aveva deciso di fare il test per l’AIDS, risultato: positiva.

Aveva iniziato la terapia ma, dopo tre anni, era stata colpita anche dalla tubercolosi, che l’aveva obbligata a iniziare un nuovo processo terapeutico. Durante la malattia era stata seguita da alcuni assistenti domiciliari, parte di un programma del CAM, che la accompagnavano alle visite in ospedale e distribuivano cibo agli ammalati come lei.

Grazie alla terapia (che continua a seguire), Dona Joana ha iniziato a stare meglio. Il sostegno degli assistenti domiciliari era stato così importante per lei che, rimessasi in salute, non ha avuto dubbi ed ha iniziato a collaborare con loro come volontaria. Ora Dona Joana identifica gli ammalati, parla con loro e fa da tramite con i responsabili di zona: se vogliono, vengono portati all’ospedale e curati lì.

Dona Joana fa anche parte del progetto teatrale Mae pra mae, donne per le donne: un’iniziativa di alcune donne caiensi che, avendo assistito a uno spettacolo simile a Beira, hanno deciso di riproporlo anche a Caia. Attraverso la rappresentazione teatrale si cerca di sensibilizzare la comunità e di far comprendere che la malattia può essere affrontata e combattuta. Troppo spesso infatti, i mariti ripudiano le mogli che si scoprono sieropositive e le rimandano alla famiglia d’origine, disonorandole, perché tanto non servono più. Lo scopo del progetto è di far capire che i malati non vanno considerati come già morti ma, anzi, possono guarire e tornare a stare bene se sostenuti e aiutati dalla famiglia e dalla comunità. Inoltre, attraverso il teatro, vengono trasmesse e incoraggiate buone pratiche per contrastare la trasmissione del virus: l’uso del preservativo, il parto in ospedale piuttosto che in casa, un’alimentazione sana, sottoporsi periodicamente a test e controlli.

Dona Joana 2Dona Joana e le sue compagne di teatro hanno vissuto in prima persona sulla loro pelle quello che ora mettono in scena: sono tutte sieropositive. Non solo possono capire meglio di chiunque altro l’angoscia e lo sconforto di chi si è appena scoperto ammalato ma, al contempo, la loro testimonianza e il loro esempio hanno un’autorevolezza e un riconoscimento altissimi.

Spesso Dona Joana va a raccontare la propria storia alle ammalate che sono appena arrivate in ospedale: per loro vedere che, nonostante sia sieropositiva, è una bellissima donna, serena e in salute, è un conforto enorme, uno sprone fortissimo a lottare per farcela, perché si può.

Dona Joana e la sua famiglia sono molto grati al programma di assistenza domiciliare: grazie agli assistenti è riuscita a combattere la malattia, si è sentita accettata, accolta, e ha trovato la forza ed il coraggio per riprendersi. Assieme alle sue compagne del Mae pra mae porta quotidianamente un messaggio di coraggio e speranza alle altre donne sieropositive di Caia: vedere brillare i suoi bellissimi occhi è un vero e proprio inno alla vita.

intervista di Erica Guaraldo tradotta da Diego Lenzi e rielaborata da Barbara Zamboni

CONTESTO
A Caia, distretto rurale situato nel centro del Mozambico, nella Provincia di Sofala, l’infezione da HIV supera il 30% della popolazione. Il timore di scoprirsi positivi è ancora forte, e la maggior parte delle volte in questo modo si incomincia il trattamento troppo tardi.

La situazione del distretto rispecchia il quadro generale del territorio nazionale: l’HIV/AIDS è considerata uno degli ostacoli ad una crescita economica adeguata. Sebbene a livello di comunicazione sociale appaia la patologia di maggior impatto, è importante considerare che attualmente è la malaria a mietere la maggior parte delle vittime, seguita da diarrea e malnutrizione. Inoltre la mancanza di buone pratiche di utilizzo e conservazione dell’acqua e le malattie “neglette” (ritenute non fatali e di cui la popolazione non si preoccupa molto) sono fattori debilitanti per la popolazione soprattutto delle aree rurali e semi-urbane.

Il sistema sanitario nazionale, appoggiato da progetti di cooperazione internazionale da molti anni, è ancora molto fragile non solo a livello di infrastrutture sanitarie, ma anche negli aspetti gestionali e di pianificazione, anche se è innegabile un significativo miglioramento nell’ultimo decennio.

PROGETTO
Dal 2007 il CAM ha avviato un programma di assistenza domiciliare che impegna ora 22 volontari operanti in oltre 15 zone nei dintorni della cittadina di Caia. Ciascun assistente segue quotidianamente circa 5-6 pazienti, prevalentemente affetti da HIV/AIDS, tubercolosi o altre malattie croniche con attività di vario tipo, oltre ad operare con azioni di prevenzione e informazione sanitaria.

L’intervento di assistenza domiciliare a livello delle comunità locali e delle singole famiglie è ulteriormente rafforzato dalla creazione di gruppi locali di appoggio – per iniziativa degli stessi attivisti e in collaborazione con le autorità locali – e da un gruppo di teatro formato da donne sieropositive che diffondono messaggi di prevenzione e sensibilizzazione sulla salute e su temi sociali.

www.trentinomozambico.org