#58 LA CITTADINA DEL MONDO

Ciao, puoi presentarti?OLYMPUS DIGITAL CAMERAMi chiamo Emina Ristović. Ho 34 anni. Vengo da Kraljevo ma da 14 anni vivo in Trentino, salvo i periodi in cui studiavo in due diverse regioni italiane, il Friuli, e l’Emilia Romagna e all’estero. Sono laureata in Scienze Diplomatiche, e ho un master in studi Est – Europei, ma grazie a una passione per la scrittura, coltivata sin dall’infanzia, mi sono trovata a fare la giornalista. O come spesso scherzando dico è stato il giornalismo a trovare me.Quando hai iniziato a collaborare con ATB e in che cosa consisteva la collaborazione?Ho iniziato a collaborare con ATB ad ottobre 2012 in qualità di volontaria. La vita a volte è strana. Mi aveva portato su una strada molto diversa da quella che pensavo di percorrere una volta terminati gli studi. Da anni mi ero dedicata soltanto al giornalismo e alla scrittura. In collaborazione con ATB vedevo la possibilità di riscoprire quella che sono ma soprattutto di tornare alle origini, quelle balcaniche ovviamente. All’inizio della collaborazione facevo per di più le traduzioni ma poi qualche mese dopo è arrivato il progetto 60 storie, che collegava alla perfezione i miei due amori grandi, quello per la scrittura e il giornalismo e quello legato alla mia terra natia.Cosa ti è piaciuto di più del progetto 60 storie?

È stato un progetto molto interessante, che mi ha portato a conoscere le persone diverse tra di loro ma di una bellezza interiore rara di questi tempi. Mi ha permesso di tornare con gli occhi dei protagonisti nei luoghi svariati, alcuni anche di mia conoscenza. La maggiore emozione era quando intervistavo i personaggi che venivano dalla mia città natale, Kraljevo. Con uno di loro, Ilija, avevo anche condiviso la stessa scuola elementare e media, avevamo gli amici in comune, ma complice l’età, la memoria che si perde e troppi anni lontani da casa, non mi ricordavo di lui. Tutti quelli che ho conosciuto durante questi mesi, indipendentemente dal loro luogo di provenienza, mi hanno lasciato qualcosa dentro. Cosa mi è piaciuto di più? È difficile scegliere un solo aspetto. In questi mesi di intenso lavoro si è creato anche un rapporto d’amicizia con le altre colleghe che collaborano al progetto. Credo però che sentire già la nostalgia, ora che manca poco alla fine del progetto, dice molto di quello che provo.

con ilija ed elbert

Che cosa è per te l’identità? Come ci si sente a vivere con un’identità multipla, arricchita dei diversi posti in cui hai vissuto?

Una bella domanda. Mica facile. L’identità per me è quello che si è, a prescindere dal luogo di nascita. Da bambina credevo di appartenere a uno stato, ma poi quello stato è sparito e allora dovevo attenermi alla nazionalità. Da quel punto di vista direi di essere serba. C’è però il mio nome che mi smentisce. Non è affatto serbo. Dicono sia musulmano, in passato, durante la guerra mi aveva portato non pochi problemi. Poi arriva il momento, in cui spicchi il volo e parti. Ti costruisci la vita in un paese completamente diverso, dove si parla una lingua linguisticamente anni luce lontana dalla propria, ma che col tempo diventa la tua. Io, a volte, mi sento anche italiana d’adozione. Più di una volta mi sono trovata a pensare in italiano, che per me è diventata una specie di madrelingua numero due. Va anche detto che sono una che si adatta facilmente, in qualunque luogo si trovi. Forse è anche per il mio carattere, mi piace spostarmi. Ho vissuto, come dicevo, in diversi luoghi. Sono stata più a lungo a Gorizia, 5 anni, poi un anno a Forlì, durante il primo anno di master mentre il secondo l’ho passato in Ungheria. Ho vissuto anche, per brevi periodi durati un mese ciascuno, a Mosca e a Parigi. Le città incantevoli. Devo dire che queste esperienze mi hanno arricchito molto, aiutandomi ad ampliare le vedute. Sentirmi, poi, anche lì a casa, è stato molto bello. Sarà perché parlo tante lingue, o per aver vissuto in luoghi diversi, ma questo aspetto multiculturale del mio essere è molto forte. Lo sento molto forte dentro di me. Considerando tutto questo direi che più mi  si addice la definizione cittadina del mondo. Mi definirei proprio così.


Hai pubblicato un libro e un altro sta nascendo; ce ne vuoi parlare?

Il libro è nato per caso, come una specie di sfogo al fine di combattere la nostalgia. Scrivevo da piccola, più che altro la poesia e i racconti brevi, ma una volta arrivata in Italia ho deciso di avventurarmi con qualcosa di più grande come, appunto, un romanzo. S’intitola “Balkanski virus”, che tradotto sarebbe “Il virus balcanico”, ed è ambientato, per metà, nei Balcani e in Italia. La parola virus esprime benissimo tutta la mia rabbia verso un regime che considero responsabile per la mia fuga volontaria dal paese. È una storia che parla di un gruppo di amici costretti a separarsi per colpa di quel virus che ha fatto ammalare non solo i politici, e che devono crescere in fretta e adattarsi a una vita che non hanno scelto. Prima, però, si giurano all’amicizia eterna che li porterà a rincontrarsi diversi anni più tardi.  Si tratta soprattutto di una storia d’amore, un amore forte capace di battere gli ostacoli e a sopravvivere nonostante tutto e tutti. L’altro, quello a cui lavoro adesso, è diverso. È ambientato in Sud America, o meglio tra l’Italia e il Sud America e guarda caso parla dell’argomento trattato prima, ovvero l’identità. È in fase di elaborazione e per il momento, forse anche un po’ per la scaramanzia, non ne parlerei di più.

Se dico Balcani, quali sono le prime tre parole che ti vengono in mente? Perché?

Tre parole dici… Direi origini, viaggio, diversità.  Origini perché quella è la terra dalla quale provengo. Tutti i paesi (dalla Jugoslavia grande, a quella piccola fatta dalla Serbia e dal Montenegro alla, infine, Serbia da sola) in cui ho vissuto fanno parte dei Balcani. Forse è un po’ scontata come risposta ma è così. Viaggio perché nel 2005 feci un viaggio di studio con l’università, visitando vari paesi dell’ex Jugoslavia. Fu la prima volta per me a visitare la Croazia e la Bosnia. È un viaggio che mi è rimasto nel cuore. Diversità perché i popoli dei Balcani sono diversi, ma è proprio quella diversità, non solo etnica ma anche di paesaggio, che rende quelle terre così uniche.

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Per finire, regalaci il racconto di un tuo sogno…

Un mio sogno..ce ne sono tanti, sono stata da sempre una sognatrice.. Diciamo che il mio sogno del momento è riuscire di fare sempre quello che mi piace, scrivere e dare presto alla luce un nuovo libro. E poi, è da tanto che non torno dalle mie parti e vorrei che presto possa succedere. A volte i sogni si avverano, altre no, ma importante è non smettere mai di sognare.

Intervista fatta da Maja Husejić

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PROGETTO
Il progetto 60Storie nasce dal desiderio di tre organizzazioni trentine (Consorzio Associazioni con il Mozambico onlus, dell’Associazione Trentino Balcani e di Gruppo Trentino di Volontariato – GTV onlus), che da più di dieci anni sono protagoniste di percorsi di cooperazione e solidarietà internazionale, di raccontarsi e raccontare le proprie iniziative, attraverso uno strumento semplice, coinvolgente ed emozionante: le storie personali.
CONTESTO
La Municipalità di Kraljevo è situata nel centro sud della Serbia, nella regione di Raška. È la più grande municipalità della repubblica di Serbia, con un territorio pari a 1.529 km2, che comprende 92 insediamenti, all’interno delle quali abitano circa 124.000 persone, la metà delle quali nel centro urbano di Kraljevo. La posizione geografica di crocevia vanta una grande ricchezza naturale, culturale e storica, in primis il Monastero di Studenica e la Biosfera Unesco. I conflitti degli anni Novanna hanno profondamente segnato quest’area della Serbia. Un passato difficile, la necessità di ricostruire un’economia distrutta da anni di embargo e di crisi economica, ma con una società civile che si organizza per superare le difficoltà del passato e il nazionalismo diffuso.