![]() Non esiste nulla di così devastante come le guerre che si lasciano dietro una lunghissima scia di dolore, odio e ferite che solo il tempo e uomini e donne che dedicano la loro vita alla pace possono lenire. Uno di questi uomini straordinari arriva dal Trentino. Si chiama Fabrizio Bettini, ha 41 anni e da due decenni si occupa di interventi civili nei conflitti. Fabrizio è un uomo intelligente, sensibile e pieno di entusiasmo. Un uomo che ha mille storie da raccontare di luoghi in cui è stato e di persone che ha conosciuto lungo il suo cammino. “Gran parte della mia identità è Operazione Colomba – racconta – il Corpo Nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, da 22 anni attivo nelle zone di conflitto. Il nostro approccio di intervento è basato sulla condivisione: vivere e condividere la quotidianità a stretto contatto con le popolazioni vittime dei conflitti per lenire le ferite e costruire ponti.” Prima di intraprendere il cammino con Operazione Colomba Fabrizio aveva già vissuto diverse esperienze nei Balcani, partecipando ad alcune marce di pace in Bosnia e occupandosi di profughi in Croazia. Dopo il conflitto bosniaco con Operazione Colomba, “sono stato in varie zone di conflitto, prima in Croazia nel 1996, Kosovo, dal 1998 al 2000, poi nel Caucaso, nel 2001, e in Palestina, l’anno successivo. Dal 2003 ho contribuito al nuovo inizio della presenza di Operazione Colomba in Kossovo, dove ho vissuto e lavorato fino al 2005. Ho coordinato la nostra presenza lì fino al 2010. Dal 2010 ci siamo spostati in Albania, dove ci occupiamo di contrastare il fenomeno di vendette di sangue, il kanun.” La vita, ma soprattutto due eventi in particolare, hanno portato l’allora giovane Fabrizio a scegliere la strada della nonviolenza: la guerra in ex Jugoslavia e il servizio civile, svolto nel 1992 presso il Gruppo 78 di Volano, che qualche tempo dopo ritroverà tra i fondatori del Tavolo Trentino con il Kossovo. Ed è proprio grazie all’esperienza con il Gruppo 78 che Fabrizio conosce e vive sulla propria pelle i valori della condivisione. Nonostante l’entusiasmo e la voglia di impegnarsi in prima linea per promuovere la pace, il suo primo impatto con i Balcani, dice a cuore aperto, è stata una messa in discussione, “soprattutto dal punto di vista religioso. Io sono cattolico, credente. Sentire il vescovo cattolico di Spalato, che parlava di guerre giuste, io non ci volevo credere. Ricordo ancora i volti delle persone che andavano al fronte in Bosnia, i rumori della guerra – cannonate, sparatorie, colpi di kalasnikov – che puoi sentire mille volte nei film però poi, quando li senti dal vivo, hanno un suono diverso”. Quindi il primo impatto è stato forte, ed è stato forte anche verso la famiglia; tornato dopo le prime esperienze ha trovato in Trentino un gruppo molto compatto e attivo che si era prodigato per raccogliere materiale da inviare sui territori devastati dal conflitto, ma è con la famiglia che le cose sono più difficili. Andato ad abbracciare i genitori in piazza Fiera “mio padre si è praticamente spostato. Non mi ha quasi parlato per un mese perché era molto spaventato, preoccupato. Finché non ha capito che era una scelta in cui ci credevo e che nessuno mi aveva plagiato ed ero disposto anche a rischiare per questa scelta”. Quindi il primo impatto è stato questo, che ha travolto la sua vita e “per fortuna che c’è stato. Se penso a quando ho iniziato a crescere, a diventare un uomo, è stato nel 92, dal servizio civile in poi”. Prima di partire Fabrizio conosceva poco o niente di Balcani. “Lo racconto spesso quando lavoro in Albania, quando ero nelle medie non sapevo nemmeno dove era l’Albania però sapevo dove era la Jugoslavia. Perché? Perché c’erano racconti di cugini che andavano in ferie lì, di quelli che attraversavano la Jugoslavia per andare in Grecia. Ho anche un vaghissimo ricordo delle Olimpiadi del 84”. Con i Balcani è stato amore a prima vista, racconta emozionato. Oggi, dopo aver vissuto in Kossovo per un lungo periodo, Fabrizio si sente un po’ parte di quel territorio. “Non solo perché ci ho vissuto ma perché ho delle amicizie forti. Uno dei miei kum [testimone di nozze, n.d.a.] è un ragazzo di Goraždevac.” La sua collaborazione con l’Associazione Trentino con i Balcani (allora Tavolo trentino con il Kosovo) inizia nel 1999, dopo il conflitto in Kossovo. Peja/Peć, ricorda Fabrizio, era una città fantasma al suo arrivo. “Il 19 settembre, l’UCK doveva consegnare ufficialmente le armi, ha sparato per tutta la notte. È stato per noi un battesimo di fuoco.” Nel primo periodo, tra il dicembre e febbraio, si è lavorato, in cooperazione con la protezione civile, per ricostruire le case distrutte. È stato un periodo importante per la sua crescita, dice Fabrizio, che ricorda con affetto la collaborazione con gli Alpini nonostante differenze di età e ideologiche. Operazione Colomba lascia il paese nel 2000 per un breve periodo, tornando poi in pianta stabile per altri 7 anni a Peja/Peć, nel 2003. “E’ stata un’emozione enorme vedere il centro giovanile Zoom frequentato sia dai giovani albanesi che serbi, anche se pochi.” Da allora riprende la presenza di Operazione Colomba, dedicata a promuovere una pacifica convivenza tra i serbi e gli albanesi. Per la sua organizzazione, dice Fabrizio, il rientro in Kossovo ha significato dover ripensare il proprio ruolo e attraverso metodologie sperimentali, ragionare sul post-conflitto e sulla riconciliazione, in particolare con i giovani. Dopo la chiusur Oggi Fabrizio si divide tra il suo lavoro, che lo porta spesso in Albania dove è impegnato con i volontari di OC per estirpare alla radice le vendette di sangue che nascono dall’antico codice del kanun e la famiglia con la moglie e tre bambini. I suoi due sogni nel cassetto sono vivere a Sarajevo, la città che più gli è rimasta impressa nella memoria e costituire una commissione di riconciliazione in Albania grazie all’aiuto dei numerosi esperti di nonviolenza che collaborano con OC Fabrizio Bettini, un trentino con il cuore nei Balcani. Un uomo che ha saputo dare una mano, insieme ad altri volontari, al popolo balcanico affinché potesse vivere in pace. Se in un prossimo conflitto, dice con serenità alla fine, “almeno una persona non deciderà di combattere, avremo fatto ottimo lavoro.” di Emina Ristovic Per maggiori informazione sull’intervento di Protezione disarmata in Kosovo vi suggeriamo di leggere Protezione disarmata Kosovo. |
CONTESTO |
La città di Peja/Peć si trova nel centro della regione più occidentale del Kosovo, ai piedi delle montagne che si ergono sulla gola della Val Rugova. L’area in cui si trova è di grande interesse storico e geografico e vanta la presenza di importanti simboli delle diverse comunità etniche presenti sul territorio: antiche residenze albanesi (kulle), antiche moschee e il patriarcato ortodosso serbo. Nonostante la guerra sia finita nel 1999, Peja/Peć resta terra di forti differenze. Differenze che richiedono percorsi di elaborazione e trasformazione del conflitto e integrazione sociale, ma che sono anche ricchezze da valorizzare verso la sfida di uno sviluppo consapevole ed integrato. L’associazione Trentino con i Balcani – ATB coordina le esperienze di solidarietà internazionale, cooperazione e scambio fra la comunità trentina e territori diversi del Sud Est Europa, tra cui c’è anche il Kossovo nel quale è presente dal 1999. Uno dei settori in cui ATB opera è l’area giovani e partecipazione che mira a potenziare la cittadinanza attiva giovanile quale strumento fondamentale di democrazia dal basso a livello locale, regionale ed europeo.Operazione Colomba è il Corpo Nonviolento di Pace dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII; nasce nel 1992 dal desiderio di alcuni volontari e obiettori di coscienza di vivere concretamente la nonviolenza in zone di guerra. Opera condividendo la vita con le vittime del conflitto, con uno stile sobrio, neutrale rispetto alle parti in conflitto ma non rispetto alle ingiustizie; operando contemporaneamente sui diversi fronti del conflitto e su più livelli, è riuscita a riunire numerose famiglie divise dalla guerra, proteggere minoranze etniche e ricreare spazi di convivenza pacifica. Le principali caratteristiche dell’intervento di Operazione Colomba sono: la nonviolenza, l’equivicinanza: condivisione della vita con tutte le vittime sui diversi fronti, la partecipazione popolare. Per saperne di più sull’esperienza di OP in Kosovo: http://www.balcanicaucaso.org/Media/Multimedia/Mir-dieci-anni-di-Operazione-Colomba-in-Kosovo. |
PROGETTO |
L’attenzione costante verso il tema del conflitto è una peculiarità distintiva di ATB in Kosovo. Uno degli obiettivi che ha fatto da sfondo ai numerosi interventi in loco è stato quello della promozione del dialogo e della convivenza tra le varie comunità presenti in Kosovo e molti interventi sono stati orientati specificamente all’elaborazione e trasformazione del conflitto ed al graduale riavvicinamento tra gruppi nazionali. I progetti di quest’area sono stati inizialmente gestiti da Operazione Colomba e poi, con il passaggio del testimone all’Associazione Trentino con i Balcani, sono diventati parte integrante del programma annuale di ATB. Il percorso è iniziato con progetti di diplomazia popolare e cioè di presenza sul territorio e contatti costruttivi con tutti i gruppi nazionali, si è poi trasformato in progetti di scorta civile, gruppi studio e monitoraggio della popolazione residente nelle enclave serbe. Oggi i progetti promossi coinvolgono gruppi di giovani e ricercatori di Serbia, Kosovo e Bosnia in percorsi di riflessione comune e di realizzazione di attività di tipo culturale di interesse regionale come il documentario Personal (hi)stories, le mostre Bekim Fehmiu. L’ulisse venuto dai Balcani, l’Europa dei destini incrociati. |
L’ha ribloggato su Il mondo intorno a mee ha commentato:
Il cerchio 60 storie si chiude con un bel protagonista, Fabrizio Bettini.. un interessantissimo interlocutore.. che ho avuto piacere di incontrare ed intervistare!